Milano non è l'esempio

Per valorizzare l'arte di strada sul proprio territorio Milano non è certo l'esempio da seguire

L’esercizio dell’ arte di strada prevede l’utilizzo dello spazio pubblico. Va da sé che chiaramente, per farlo, l’artista dovrebbe instaurare un rapporto diretto con l’amministrazione della città.  Queste Amministrazioni dovrebbero farsi carico in prima persona di valorizzare  l’Arte di Strada quale fenomeno sociale e culturale positivo: preparare Regolamenti aperti e liberi, attuare una politica di ascolto,  formazione, informazione e agevolazione dell’utilizzo dello spazio pubblico da parte degli stessi.

A Milano invece da gennaio 2023 succede il contrario. Il sistema attuale fa sì che l’amministrazione comunale sparisca del tutto e che l’artista si trovi ad avere a che fare solo con un privato: il fornitore del servizio. 

Si tratta di un’Azienda commerciale che si occupa di organizzare eventi di spettacolo e di vendere strutture attrezzate con amplificazione e connessione multimediale. 

E’ totalmente sparito il rapporto diretto con gli Uffici comunali: zero formazione, zero politica culturale, zero valorizzazione dell’arte di strada. 

A Milano, l’Arte di strada è un tema che ha assunto una connotazione unicamente di ordine pubblico. Si è snaturata l’essenza e il valore del rapporto Artista/Città/Territorio. 

Questo è il punto principale.  

È necessario tornare  ad avere un rapporto diretto, sano e trasparente con l’Amministrazione della Città in modo da ripristinare i valori etici, culturali, sociali, morali impliciti nell’Arte di Strada.


Ci troviamo invece a confrontarci quotidianamente con un’azienda commerciale il cui interesse è la vendita dei propri prodotti. Come è possibile che un tema importante come la cultura popolare, di cui l’arte di strada è portatrice, possa diventare parte di un progetto commerciale di un privato? Come possono le Istituzioni milanesi delegare al privato tutto ciò?


L’esempio più eclatante della DISTANZA che intercorre tra la politica e i cittadini sta nell’app scelta dall’Amministrazione comunale per gestire le prenotazioni. 

Attenzione: l’app è, ad oggi, L’ELEMENTO FORMALE DI CONTATTO TRA L’ARTISTA E LA CITTÀ. 

Sin dalla sua apertura sullo smartphone, l’app propone spot pubblicitari (solo dell’Azienda fornitrice naturalmente): call for artists, corsi per diventare cantanti, autori, e appuntamenti a decine di eventi in cui l’Amministrazione comunale nulla c’entra. 

Perchè un artista per praticare l’arte di strada a Milano deve utilizzare uno strumento carico di pubblicità indesiderata e mai richiesta?

È solo trafficando un bel po’ che scopriamo che queste informazioni si possono anche  nascondere, ma bisogna trafficare. 

Altro tema che solleva forti dubbi è la privacy. Infatti la prenotazione dà luogo alla pubblicazione immediata sulla app pubblica che non tiene conto di un’eventuale desiderio del prenotante di non far sapere al mondo intero dove sarà in quel giorno e a quell’ora. 

La qual cosa è contraria anche all’Art. 10 comma 10 del Regolamento comunale sull’Arte di Strada di Milano che recita “… nonché la possibilità per il cittadino o visitatore di conoscere tramite internet luoghi e orari delle attività artistiche”. Quindi il cittadino potrà conoscere solo luoghi e orari e non nomi e cognomi.

E i dati? Il comune chiede all’app di estrapolare dati sull’utilizzo delle postazioni: quanti artisti, la tipologia, quali le più gettonate e quali le meno. I dati forniti non sono attendibili. Esempi: le giornate di maltempo, in cui non si fa arte di strada, vengono generalmente conteggiate in tali rapporti, e, cosa assai più grave constatata dalle associazioni degli artisti con decine e decine di controlli, moltissime sono le postazioni prenotate e poi disertate. La qual cosa oltre a fornire un dato sbagliato priva anche un eventuale utente della possibilità di utilizzare quella postazione al posto dell’assente, negandogli, di fatto, un diritto, e questo è un altro problema che si risolverebbe facilmente escludendo la tecnologia e ripristinando prenotazioni in presenza. 

Altro dato visibilmente anomalo è quello degli iscritti alla piattaforma: più di mille, con un incremento pazzesco da quando c’è questa app. Ma quanti di questi nuovi iscritti hanno utilizzato la strada con continuità? Quasi nessuno. Questi dati poi come verranno usati? A che servono? Saranno forse utilizzati commercialmente come veritieri? Nessuno ce lo dice, bisogna fidarsi. Non vedo la trasparenza che richiede un servizio pubblico. 

Il fatto è che questa app non è stata pensata per gestire l’arte di strada. Era, ed è tuttora, un’app commerciale che serve a vendere il prodotto postazione attrezzata e attraverso questa servizi vari legati a giovani artisti cosiddetti “emergenti”, e non uno strumento adatto alla reciproca informazione fra ente e artisti come dovrebbe essere e come era nella precedente situazione. 

Ha così creato tanti problemi agli artisti di tutte le età e, di conseguenza, ai cittadini. Sono stati due anni di innumerevoli problemi. Per citarne uno. All’inizio l’iscrizione non era neppure legata alla presenza del proprio codice fiscale, così si crearono una valanga di account falsi che ci volle un bel po’ di tempo a individuare e a ripulire, con conseguenti prenotazioni delle postazioni da parte della stessa persona iscritta con più nomi. Ennesimo danno per chi non ha potuto, per questo, usufruire di quelle postazioni.

In questi due anni poi, a causa di questa situazione, abbiamo anche assistito all’allontanamento dal centro storico di molti bravi artisti che prima lo frequentavano a favore di altri di dubbia capacità e soprattutto abbiamo assistito a una grande quantità di false prenotazioni che continuano tuttora. 

Ma d’altronde se la cosa più importante è avere dei numeri sempre più grandi e non una città più vivibile che cosa ci si può aspettare?

Molte sono le storture che ancora restano in questa app, oltre a quelle già citate, e che nulla c’entrano con l’arte di strada e il rapporto città/artisti. C’è il punteggio: se prenoti una postazione ti danno dei punti. Sì, lo so, stiamo parlando di arte e non del concorso di fidelizzazione clienti dell’Esselunga. Poi c’è il fatto che nell’app risulti che l’artista abbia prestato la sua opera per l’azienda fornitrice e non per la città, cartina di tornasole del profondo equivoco che si è venuto a creare. Senz’altro ci vuole un cambiamento e Milano, oggi, non è certo una città da imitare.

Ultimamente, invece, il comune di Genova ha preso a esempio Milano e la sua app per varare un nuovo regolamento. Un regolamento che vieta di fatto l’arte di strada a Genova in molti dei luoghi dove era sempre stata esercitata. È un regolamento proibizionista e punitivo, tanto che gli artisti di Genova si sono immediatamente ribellati e domenica 13 manifesteranno contro di esso e contro la app. Questo sì è un esempio da seguire.




 

Milano non è l'esempio
Duo Nebbia, Giuseppe Boron 11 ottobre 2024
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